12 dicembre 2014

Premio Giulitto CRITICI IN ERBA all'Albero della memoria.



Una giuria composta da bambini è la giuria più seria del mondo!

L’albero della memoria 
A. Sarfatti, M. Sarfatti, G. Orecchia Mondadori, 2013

Anna Sarfatti torna a raccontare, ne L’albero della memoria, la vita degli ebrei negli anni delle leggi razziali e delle persecuzioni fasciste. Samuele Finzi, detto Sami, è un bambino ebreo, di famiglia piccolo borghese – padre ferroviere, madre insegnante – e con una vita come tante altre, o forse, meglio di tante altre. Ci sono genitori uniti e “festosi”, i luoghi dove nascondere i giochi preferiti, come la pancia scavata del grande olivo che cresce nel giardino di casa, un’amica del cuore incontrata sui banchi di scuola e piccoli desideri come quello di possedere un orologio bello quanto quello di papà. Persecuzioni e guerra cancellano, però, tutto questo, smembrano famiglie, distruggono vite, in nome di una “purezza ariana” che aggiunge orrore a una guerra devastante. Sami sopravvive grazie all’aiuto dei nonni dell’amica Francesca, ma dei suoi genitori non si sa più nulla. Solo l’olivo, alla fine della guerra, saprà restituirgli un po’ del suo passato e una piccola speranza per il futuro, perché, nella sua pancia cavernosa, come se la guerra non fosse mai passata di lì, ha custodito intatti i suoi giochi ma anche l’orologio di papà, quello che aveva tanto desiderato di possedere, prima che la guerra cancellasse anche i desideri.
Anna Sarfatti racconta la vita del piccolo Samuele con lievità. L’impresa, quasi impossibile, le è riuscita affidando all’appendice storica, a cura di Michele Sarfatti, il racconto degli arresti e delle deportazioni mentre l’autrice si è concentrata sulla cronaca della lenta discesa verso gli “inferi”, un passo dietro l’altro, senza quasi capire che si sta andando incontro alla morte. Prima ci sono la perdita del lavoro e l’abbandono della scuola, poi l’emigrazione o la clandestinità mentre scoppia la guerra. Come dice la mamma di Sami, “è come camminare su una frana”.
La bravissima Giulia Orecchia, che ha illustrato il libro, parla di un racconto “delicato e poetico”. Ma è anche un racconto nel segno della coralità: non c’è solo l’immane tragedia del popolo ebraico, ma anche la solidarietà di tanti non ebrei, l’amicizia tra bambini, la figura del partigiano. 

Vichi De Marchi (da LiBeR 102) 

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